“Mi scuso per i toni risoluti ma sono allibito. Leggo commenti che tendono a porre in relazione le scelte del Piano paesaggistico con episodi tragici come quello di Ginosa Marina. Presumo che per l’emozione sia sfuggita qualche espressione forte, ma vorrei sottolineare che lo strumento di tutela dal rischio idrogeologico è il Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) e non certamente il Piano Paesaggistico. Confonderli, o mischiarli, corre il rischio di somigliare ad una strumentalizzazione politica preterintenzionale.”
Lo dichiara il Consigliere regionale Fabiano Amati, con riferimento ad alcune dichiarazioni rilasciate da esponenti del Governo regionale, apparse oggi su molte testate giornalistiche, commentando la tragedia di Ginosa Marina.
“Ciò che ci protegge, prevenendo, dagli alluvioni e le frane è il Piano di Assetto Idrogeologico (PAI), pienamente vigente a prescindere da qualsiasi altro strumento di pianificazione territoriale. In altri termini: se pure una trasformazione del territorio fosse possibile per il Piano paesaggistico ma vietata dal PAI, prevarrebbe sempre – e in ogni caso – la disciplina idrogeologica.
La Puglia è una delle pochissime regioni dotate di un totale, funzionale e moderno Piano di Assetto Idrogeologico, gestito con rigore e capacità dagli angeli custodi dell’Autorità di Bacino della Puglia.
Le tragedie come Ginosa Marina, o altre, accadono perché non si finanziano con abbondanza le necessarie opere di mitigazione del rischio, eleggendole a priorità, rese necessarie dalle ferite secolari che l’uomo ha inferto alle regole di protezione del territorio. Oggi sarebbe impossibile continuare ad infliggere queste ferite, grazie al rigore del PAI e a nulla rilevando le prescrizioni del Piano paesaggistico. Il nostro problema è dunque riparare i danni del passato, per il futuro c’è il PAI a fare da ‘guardiano’.
Vi parla colui che per quattro anni ha combattuto sul campo questo problema, rendendosi autore del piano frane e versanti di quasi 200 milioni di euro, ottenuti all’apice di un estenuante combattimento con il Ministero dell’Ambiente, assumendo l’incarico gravoso di Commissario straordinario per il dissesto di Lesina marina, con i risultati del finanziamento delle opere, e disputando in ogni sessione di bilancio con i colleghi della Giunta regionale sulle proposte di tagli alla difesa del suolo, messa in sicurezza degli edifici aperti al pubblici (scuole, chiese, ospedali ecc.) e protezione civile.
Se la Giunta da ‘combattimento’ volesse davvero ‘combattere’ su quest’argomento, come credo e non dubito, si occupasse di reperire ulteriori fondi: in Puglia servirebbero ancora almeno due miliardi di euro per la messa in sicurezza. A tacere di altro, ne guadagneremmo in termini di minore esposizione al rischio della vita umana e in posti di lavoro (le opere di ambientalizzazione sono quelle a più alta intensità di posti di lavoro).”